Questa mattina sono stato in visita al carcere cittadino di via Gleno insieme agli attivisti Agostino, Alvaro e Maria.

Durante l’ora di colloquio con il Direttore abbiamo affrontato le problematiche del sovraffollamento, delle lungaggini processuali che fanno sì che oltre il 40% dei detenuti di Bergamo siano in attesa di giudizio, e della crisi economica che limita le possibilità di reinserimento lavorativo per chi sta finendo di scontare la pena.

È stata per tutti un’esperienza toccante e al contempo costruttiva. Abbiamo scoperto un mondo fatto di persone spesso dimenticate, che hanno diritto ad una vita dignitosa seppur tra le mura del carcere.

Dopo l’incontro, accompagnato dal direttore e dal comandante della polizia penitenziaria ho fatto una visita ispettiva all’interno dei padiglioni. Ho visto come procede la vita all’interno delle mura, le celle, la cucina, il laboratorio di panetteria, le aule per la scuola e per la formazione professionale. C’è persino un teatro con 150 posti ed un gruppo di detenuti che partecipa attivamente alla realizzazione degli spettacoli. Insomma all’interno del carcere esiste una vita alla pari di quella che esiste fuori, fatta di rapporti umani, amicizie e inimicizie, passioni, interessi, lavoro e formazione.

Se è vero che nessuno deve rimanere indietro, come credo io, ciò deve valere anche per queste persone. Non possiamo e non dobbiamo più permettere che vivano in condizioni non dignitose, in stanze sovraffollate e con servizi minimi insufficienti.

Le proposte del piano carceri del Movimento, di cui abbiamo parlato anche col direttore di via Gleno, aiuterebbero a migliorare le condizioni dei detenuti senza dimenticare il ruolo rieducativo del carcere come richiesto dalla Costituzione. Ruolo che amnistia e indulto neppure prendono in considerazione.

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